Tutti (o quasi) da adolescenti abbiamo attraversato la cosiddetta fase dark. La mia è arrivata decisamente tardi, ovvero alla fine degli anni Novanta quando avevo superato l’adolescenza da un pezzo (avevo vent’anni). E forse sarà per questo che la mia è stata una fase dark sui generis: niente piercing, abiti neri e trucco smooky o vampiresco, nessun tormento interiore e tendenze autolesioniste.
La mia è stata molto più soft: scorpacciate di thriller e horror in vhs e romanzi noir a go go. Per me gli anni Novanta sono stati quelli dell’Università, ma anche di nottate passate a guardare e riguardare pellicole come ‘Dracula’ di Francis Ford Coppola, ‘Il corvo’ con Brandon Lee, ‘L’Esercito delle 12 scimmie’ e ‘Il sesto senso’ con Bruce Willis, ‘Seven’ con Brad Pitt, ‘Il silenzio degli innocenti’ con Jodie Foster, ‘Misery non deve morire’ dal romanzo di Stephen King, ‘Dal tramonto all’alba’ di Robert Rodriguez. E poi negli anni Novanta avevo sviluppato una smisurata passione per storie gotiche come ‘Il ritratto di Dorian Gray’ di Oscar Wilde, ‘Lo strano caso del dr. Jekyll e del signor Hyde’ di Robert Louis Stevenson, i ‘Notturni’ di E.T.A. Hoffmann, i racconti e le poesie di Edgar Allan Poe. Insomma, negli anni Novanta ero culturalmente dark, ma cazzara inside.
Quella fase, però, ha dato dei frutti: una serie di racconti brevi ‘neri’ in cui mi sono divertita anche a confondere il lettore cambiando le carte in tavola ad un certo punto della storia. Racconti in cui l’apparenza inganna, in cui personaggi e vicende non sono quello che sembrano. Racconti che lasciano con un interrogativo.
Da questo girotondo di storie è nato anche il racconto ‘I martiri di G.’. È stato il primo (era il settembre del 2000). Non l’ho mai pubblicato, è rimasto nero su bianco sulle pagine di un quaderno che ho ritrovato tempo fa. L’ho riletto e ho sorriso ricordando gli anni Novanta. E poi ho deciso di riscriverlo e autopubblicarlo. Non senza averlo corretto (modernizzato), soprattutto da un punto di vista stilistico: la scrittura era un po’ troppo influenzata dallo stile degli autori che mi avevano ispirata. Però loro ci sono: la vicenda è ambientata nel 1890 (anno di pubblicazione de ‘Il ritratto di Dorian Gray’), mentre il nome della cittadina è un umile omaggio ad Hoffmann (‘La chiesa dei Gesuiti di G.’).
E ora eccolo qui. Non è niente di lontanamente paragonabile alle mie amate letture da ventenne. È solo un vezzo che mi sono concessa in ricordo della gioventù che fu e in attesa di scrivere altro.
Buona lettura.