Bugiardi, inconsistenti e non sempre presenti. È così che gli adolescenti vedono oggi gli adulti. In poche parole, si sentono traditi. Una triste sentenza di cui si fa scientifico portavoce nel suo ultimo libro dal titolo ‘Fragili. I nostri figli, generazione tradita’ (ed. Solferino) Leonardo Mendolicchio, foggiano, medico specializzato in psichiatria che si occupa di disturbi alimentari e del rapporto tra cibo, psiche e società, direttore di due reparti per la riabilitazione e la cura dei disturbi alimentari e obesità dell’Istituto Auxologico Italiano, nonché supervisore scientifico della docuserie tv ‘Fame d’amore’ in onda su Rai 3.
Cosa è successo ai ragazzi?
Il sodalizio che c’è tra gli adolescenti e gli adulti si è spezzato. Non si sentono capiti, spesso sono in una condizione di solitudine e il gruppo dei pari risulta essere l’unica agenzia che funziona. Ma non sempre è così, e gli effetti si vedono.
Non è vero, quindi, che la convivenza forzata durante la pandemia ha rinsaldato i legami familiari…
Al contrario, la convivenza forzata ha fatto notare come in realtà le persone vivano nelle stesse case, ma non siano legate come dovrebbero. La pandemia paradossalmente è stata un modo per farci capire che molte famiglie italiane convivono, ma non stanno insieme. Non basta condividere quattro mura e un tetto. Mancano i legami forti ed è questo il deficit che dobbiamo colmare oggi.
Che urgenze hanno gli adolescenti di oggi?
Hanno un’angoscia mostruosa di dimostrare a loro stessi di potercela fare da soli. Questi ragazzi hanno l’ossessione di dimostrare a loro stessi di non aver bisogno degli adulti di riferimento, ma di avere tutte le capacità cognitive, intellettive, emotive, a volte anche economiche, per rendersi indipendenti. È come se, appunto, non si fidassero più del mondo degli adulti.
E noi che cosa possiamo fare?
Prima di tutto dobbiamo dire loro che ci sono adulti dei quali si possono fidare. E poi dobbiamo iniziare ad essere davvero per loro un punto di riferimento a cui guardare come esempio e a cui rivolgersi per un confronto, ma anche per un ristoro nel momento in cui c’è qualcosa che non va. E dobbiamo ascoltarli e proteggerli. Dobbiamo parlare, dire loro che ci siamo: è una cosa che troppo spesso diamo per scontata che sappiano, ma non è così.
Un’altra conseguenza della pandemia è stata l’aumento dei casi di disturbi alimentari…
Sono più che raddoppiati e colpiscono più ragazzine che ragazzini rispetto ad un tempo. Ma soprattutto si è abbassata l’età media in cui insorgono: ho ricoverato anche bambine di 9 anni con l’anoressia. I disturbi alimentari sono stati la risposta al trauma del non poter stare più con il gruppo dei pari, quel gruppo che – come ho detto prima – per loro risulta essere l’unica agenzia che funziona. Questo isolamento ha fatto sì che i nostri ragazzi non si sentissero più in un sistema di relazioni sociali appaganti, e ciò li ha portati a chiudersi e ad escludersi dal mondo delle relazioni, a ragionare sulla propria immagine corporea e a compiere azioni che dimostrassero la capacità di controllare corpo e immagine.
Quali sono i campanelli d’allarme per capire che i nostri figli si trovano in una condizione di fragilità?
Quando un figlio cambia radicalmente le proprie abitudini e non solo quelle alimentari. Quando a queste si affianca una inversione di rotta emotiva (diventano più scontrosi o più silenziosi e isolati) bisogna drizzare le antenne perché significa che sta succedendo qualcosa.
Fortunatamente oggi possiamo contare su una maggiore informazione e consapevolezza in merito a questi mali ‘invisibili’…
È vero, c’è maggiore attenzione, ma paradossalmente ci sono pochi investimenti in questo settore. Quando c’è crisi e le risorse scarseggiano, a pagarne lo scotto è sempre il capitolo salute (mentale e alimentare, ndr) perché la sofferenza psichica viene ancora vista come un qualcosa su cui non investire perché viene considerata una partita già persa in partenza. Una enorme contraddizione in un paese come l’Italia che ha insegnato a tutto il mondo quanto, invece, sia importante investire sulla salute mentale. Basti ricordare Franco Basaglia. Ma evidentemente abbiamo dimenticato.
Ce la faremo noi adulti a tirar fuori i nostri ragazzi da questo buio?
Assolutamente sì, basta avere coraggio. Come dico nel mio libro, dobbiamo smettere di fare i genitori col mito della perfezione e ammettere che siamo fallibili e che possiamo sbagliare. L’importante è non cadere più in quei falli. È questo l’esempio migliore che possiamo dare ai nostri ragazzi.