L’intervista. Massimo Tedeschi, Presidente dell’Associazione Europea Vie Francigene: la Via Francigena del Sud verso la certificazione di Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa.

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Il 18 ottobre sarà una data importante per il Mezzogiorno e in particolare per la Puglia. In occasione dell’Assemblea Generale dell’Associazione Europea delle Vie Francigene (che si svolgerà a Bari) verrà ratificata l’estensione della certificazione di ‘Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa’ alla Via Francigena del Sud. Questo significa che anche la parte meridionale della Francigena entrerà a far parte di un circuito certificato che promuove il viaggio come mezzo di riscoperta della storia e dell’identità del territorio in primis, ma anche dell’intera Europa.

Gli itinerari culturali nacquero nel 1985 e il primo a ricevere questo sorta di ‘marchio di qualità’ fu il Cammino di Santiago di Compostela. Da allora sono trascorsi 34 anni e oggi gli itinerari che possono fregiarsi di questa certificazione sono 38, “con temi molto diversi che illustrano la memoria, la storia e il patrimonio europeo e contribuiscono a interpretare la diversità dell’Europa di oggi” come si legge sul portale del Consiglio d’Europa. Tra i ‘fab 38’ ci sono anche i 1.800 chilometri della via Francigena che da Canterbury arriva a Roma (la certificazione risale al 1994) considerata “via di comunicazione che ha contribuito all’unità culturale dell’Europa nel Medioevo” e che “oggi rappresenta un ponte tra le culture dell’Europa anglosassone e dell’Europa latina”, ma anche la “metafora di un viaggio alla riscoperta delle radici dell’Europa”. E il prossimo 18 ottobre il percorso si completerà con quel pezzo di itinerario che comprende il resto del Lazio e poi la Campania, il Molise e la Basilicata fino ad arrivare alla punta estrema della Puglia, ovvero Santa Maria di Leuca. ‘Bonculture’ ha parlato di questo importante traguardo con Massimo Tedeschi, Presidente dell’Associazione Europea Vie Francigene, a margine del convegno tenutosi a Monte Sant’Angelo (Foggia) dal titolo ‘Francigena: via per Roma, Santiago, Gerusalemme’ organizzato dalla Regione Puglia, dall’Associazione Europea Vie Francigene (AEVF), dal Centro Italiano di Studi Compostellani e dall’Università degli Studi di Bari.

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Massimo Tedeschi, Presidente dell’Associazione Europea Vie Francigene (ph. Domenico Piemontese)

Presidente Tedeschi, come mai la scelta della Puglia e in particolare della città di Santa Maria di Leuca come punto di arrivo del segmento meridionale della Via Francigena?

La scelta è stata fatta nell’ottica del raggiungimento del Santo Sepolcro a Gerusalemme. La storia ci tramanda che molti dei pellegrini che in periodo medievale si recavano in Terra Santa (anche se non tutti) passavano per la Puglia. Ma non solo. Il rientro da Gerusalemme avveniva spesso risalendo proprio dai porti pugliesi in direzione Nord. Ecco perché il tacco dello stivale è parte imprescindibile della Francigena del Sud. Santa Maria di Leuca, invece, è un po’ come Finisterre per i pellegrini di Santiago di Compostela: come quello galiziano è il punto più estremo del cammino compostelano, così quello pugliese è il più meridionale del continente europeo relativamente alla Via Francigena. È una sorta di faro, uno sguardo verso l’altra parte del Mediterraneo.

Come mai la certificazione della via Francigena del Sud arriva 25 anni dopo quella per la parte settentrionale?

Come in tutte le cose c’è il pioniere, ovvero qualcuno che intuisce le potenzialità di una cosa o di un progetto. Ecco, in questo caso i pionieri siamo stati io e un’altra trentina di colleghi con cui nel 2001 fondai l’Associazione Europea Vie Francigene a Fidenza. In quel momento storico nessuno sapeva cos’era la Via Francigena e c’erano veramente pochissime persone che si incamminavano lungo questo itinerario. Ma ci abbiamo creduto e oggi i risultati e i numeri ci danno ragione di quella intuizione. Ciò nonostante, ancora oggi c’è chi ci chiede ‘ma a cosa serve?’. I dubbi continuano, ma questo dipende da chi guida i territori e da quanta consapevolezza ha della forza di questo progetto. Poi accanto ai pionieri ci sono quelli che li seguono. E infatti pian piano c’è stato chi si è reso conto dell’opportunità per il territorio intrinseca al progetto e l’ha colta. Come dice il vecchio adagio, meglio tardi che mai.

Una ricerca del Touring Club ha evidenziato che chi percorre la Via Francigena non sono in realtà pellegrini mossi da motivazioni religiose, ma piuttosto camminatori spinti da interessi culturali

È vero. Non a caso il Consiglio d’Europa ha chiamato questo progetto ‘programma degli itinerari culturali’ del Consiglio d’Europa. La motivazione è semplice: gli itinerari coprono una serie di temi diversi che non sono soltanto religiosi e devozionali, ma interessano anche l’architettura e il paesaggio, la gastronomia e il patrimonio immateriale. Lo stesso vale per la Francigena che non è soltanto il viaggio verso la tomba di San Pietro o la grotta di San Michele Arcangelo, ma è anche il cammino per riscoprire la storia e la cultura del territorio e per tessere relazioni con la gente del posto. E a noi che siamo sì laici, ma non antireligiosi, non può che far piacere.

 

 

Articolo scritto per BonCulture