Nannie Doss aveva due hobby: leggere annunci per cuori solitari e collezionare mariti che poi uccideva con veleno per topi. Passatempi presumibilmente frutto di un’infanzia all’insegna di privazioni sociali ed economiche, e (come affermava lei) di una ferita alla testa causata da una brusca frenata del treno dove viaggiava con la famiglia e che insieme a forti emicranie si portava dietro dall’età di sette anni.
Soprannominata la nonnina ridacchiante (The Gigglin Granny) per via del ghigno che mostrava nelle foto e durante il racconto delle sue gesta criminali, Nancy Hazle Doss (1905 – 1965) era la primogenita della famiglia Hazle: padre alcolizzato, madre remissiva e cinque bocche da sfamare. Un ambiente che non prometteva nulla di buono nell’Alabama di inizio Novecento. E infatti la piccola Nancy trascorse l’infanzia dividendosi fra scuola, lavoro nei campi e faccende domestiche. E l’adolescenza non andò meglio: il padre padrone proibì alle figlie di truccarsi e frequentare ragazzi (tant’è che Nancy lo fece sempre di nascosto).
Una via di fuga sembrò arrivare all’età di 16 anni quando la giovane conobbe e sposò (a sorpresa con il beneplacito del padre) Charlie Braggs. Ma Nancy si era illusa di poter cambiare la sua esistenza: allevare quattro figli e convivere con un marito adultero e la suocera, infatti, furono per lei una zavorra insopportabile. Così decise di sbarazzarsi di parte del suo problema avvelenando la minestra di due figli che per la polizia (che non sospettò mai nulla) erano stati vittime di una fatale intossicazione alimentare. Quando poco tempo dopo morì in circostanze misteriose anche la suocera, Charlie pensò bene di scappare da quella casa portando con sé i figli rimasti e chiedendo il divorzio. Fu l’unico tra i mariti di Nancy a salvare la pelle.
Quando nel 1928 Charlie ritornò a casa con una nuova compagna, Nancy fu costretta ad andare a vivere nella casa paterna e questa volta con il peso delle altre due figlie rimaste in vita. Fu in questo periodo che la futura serial killer iniziò a leggere le riviste per cuori solitari fra i cui annunci trovò quello che diventò il suo secondo marito, Frank Harrelson, un ubriacone violento che spesso finì in gatta buia per rissa. Nonostante i presupposti, il matrimonio durò 16 anni durante i quali agli alti e i bassi del ménage familiare si alternarono altri omicidi.
I primi a morire per mano della nonnina ridacchiante furono i due nipotini figli di Melvina, (una delle figlie avute dal primo marito Charlie). Il più piccolo venne ucciso subito dopo la nascita con uno spillone conficcato nella testina, il primogenito l’anno successivo per asfissia. La passò liscia di nuovo: la polizia classificò la prima come morte dovuta a complicazioni post parto (anche se Melvina raccontò di aver sognato la madre che infilava lo spillone nella testa del nascituro) e la seconda come evento accidentale, nonostante sulla vita di quest’ultimo poco tempo prima del decesso fosse stata stipulata una polizza da 500 dollari che aveva intascato la nonna. Non ancora soddisfatta, Nancy avvelenò il whisky del secondo consorte che ovviamente ci lasciò le penne. Neanche a dirlo, anche questa volta nessun sospetto di omicidio perché Frank aveva problemi di salute dovuti alla sua dipendenza dall’alcol.
Di nuovo libera, la donna si trasferì nella Carolina del Nord, si ributtò nella lettura delle rubriche per cuori solitari e trovò il terzo marito: Arnie Lanning, anche lui alcolizzato, dongiovanni e ben presto vittima di un pasto avvelenato, e pure lui dichiarato morto a causa del suo vizio. Insieme ad Arnie, però, Nancy decise di liberarsi anche della suocera che aveva reclamato il diritto di ottenere la casa del figlio e poi diede fuoco all’abitazione per intascarne l’assicurazione. La nona vittima, invece, fu sua sorella Dovie probabilmente per ereditarne la casa.
Ancora a piede libero, nonostante la scia di morti alle spalle, Nancy ritornò al suo solito tran tran: si sposò per la quarta volta con Richard Morton, un uomo conosciuto attraverso una agenzia matrimoniale e che aveva un debole non per la bottiglia ma per le donne. Ovviamente si liberò anche di lui con il vecchio caro sistema del veleno, dopo aver ucciso sua madre che alla morte del marito (deceduto per cause naturali!) si era trasferita a casa della figlia.
A stretto giro arrivò il quinto e ultimo marito, Samuel Doss. Finalmente l’uomo giusto: buono, onesto, innamorato, ma noioso. Nancy si stancò presto di lui e decise di liberarsene per trovare un altro compagno. Non lo uccise e se ne andò di casa, ma il povero Samuel firmò la sua condanna a morte scrivendole lettere in cui la implorava di ritornare e con la stipula di due polizze assicurative sulla vita con la moglie come unica beneficiaria. Come il figliol prodigo, Nancy tornò e da brava e devota mogliettina preparò una torta di prugne all’arsenico. Samuel finì in ospedale e si salvò. Quando rimise piede in casa, Nancy ci riprovò e questa volta riuscì ad ammazzare il marito avvelenandolo. Ma fu una mossa incauta che insospettì il medico che lo aveva dimesso. L’autopsia rivelò tracce di veleno nel corpo del malcapitato e non ci volle molto per accusare la moglie di omicidio.
Sotto la minaccia di confisca delle sue amate riviste per cuori solitari, Nannie Doss confessò l’assassinio. Nel 1955 fu condannata all’ergastolo (ma per il solo omicidio dell’ultimo marito) ed evitò la sedia elettrica soltanto perché fu dichiarata insana di mente. Passò il resto della sua vita nel penitenziario dell’Oklahoma dove morì di leucemia Il 2 giugno 1965 all’età di 60 anni e dopo aver commesso ben 12 omicidi.
(Scritto per BonCulture)