Su una cosa sono d’accordo: Papa Francesco ci è andato giù pesante. Quell’appellativo – “sicari” – è veramente troppo. Persino per gli obiettori di coscienza che non cavalcano l’onda, ma che insieme ai colleghi scrivono al Pontefice. È di ieri, infatti, la missiva a firma della Federazione SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) in cui esprimono “molto dispiacere” per l’appellativo attribuito a “quei ginecologi che, nella loro autonomia di libera scelta, hanno deciso di aiutare le donne nel loro doloroso e difficile percorso di interruzione di una gravidanza non accettata, obbedendo, fra l’altro, ad una precisa legge dello stato Italiano (la legge 194/78, ndr)”.
E soprattutto in un momento molto delicato caratterizzato da “violenza sul personale sanitario causata da un SSN scarso di risorse e di personale, in cui gli operatori sono vittime non solo di turni massacranti, così come dimostrato durante il periodo Covid, ma spesse volte diventano, loro stessi, l’interfaccia con un pubblico che sfoga le proprie insoddisfazioni”. Per questo i firmatari auspicano che “quella pesante parola pronunciata”, nelle intenzioni del Santo Padre abbia avuto “il solo senso di ‘esecutori’ e non altro”.
Ginecologi e ostetriche, quindi, fanno quadrato intorno a quei colleghi che in realtà applicano di fatto “un dispositivo salvavita per il quale le donne hanno lottato e che diversamente, se ciò non avvenisse, sarebbero costrette ad abortire clandestinamente con tutte le conseguenze di mortalità e morbilità così come avviene negli stati in cui l’aborto è illegale”.
E come avviene in Capitanata (ma non solo) dove l’interruzione volontaria di gravidanza è sì legale, ma non alla portata di tutti. Questione di numeri. A dirlo non è soltanto la Regione Puglia (vi abbiamo dato i dettagli in questo articolo), ma anche chi è del settore.
“È vero, gli obiettori sono in netta prevalenza, anche oltre il 90% – ci spiega una ginecologa che vuole mantenere l’anonimato – tant’è che al Riuniti di Foggia a praticare l’interruzione di gravidanza è una sola figura professionale che non fa neanche parte dell’organico dell’ospedale, è esterna. E dal momento che la donna che ha deciso di abortire non cambia idea e fa di tutto per portare avanti il suo proposito, è chiaro che accanto ai tanti viaggi della speranza fuori provincia o regione, ci sono altrettante interruzioni clandestine, diffuse soprattutto tra gli extracomunitari, che vengono effettuate a dispetto dello stato di avanzamento della gravidanza e con i rischi annessi”.
Ma perché gli obiettori di coscienza sono così tanti? Siamo davvero un popolo di Santi? “Tanti sono obiettori reali perché cattolici convinti e praticanti – spiega la ginecologa – ma c’è anche chi lo è per convenienza. In questo momento l’ivg è una pratica che rientra nella contrattualità regolare, e poi espone chi la esegue all’insulto morale. Se a ciò si aggiungono i turni massacranti e il fatto che spesso il personale medico diventa oggetto dello sfogo delle persone, è chiaro che non è conveniente esporsi per un qualcosa che non dà alcun tipo di gratificazione”.
Alla luce di ciò, la via per una risoluzione non sembra proprio a portata di mano. “La soluzione purtroppo è complicata – dice la dottoressa – perché si tratta di una problematica che tocca vari aspetti, da quello morale e religioso a quello sanitario e di servizio pubblico. Se ne dovrebbe occupare prima di tutto il Governo cercando di incentivare quei medici che potrebbero farla”.
E poi l’interruzione volontaria di gravidanza non dovrebbe più essere una questione morale.