Manipolatori affettivi: la profiler Roberta Bruzzone insegna come riconoscerli e allontanarli dalla nostra vita

Siamo circondati: a casa, al lavoro, in palestra, a scuola e anche sui social network. Dicono di tenere a noi, ma per loro in realtà non siamo mai abbastanza e influenzano la nostra vita a tal punto da annientare la nostra volontà perché ci fanno fare quello che vogliono loro (e che quasi sempre non corrisponde a ciò che vogliamo noi).
Sono i cosiddetti manipolatori affettivi (o narcisisti maligni e predatori emozionali). Sono persone da cui stare alla larga perché non portano nulla di buono, anzi, con il tempo ci distruggono sia fisicamente che psicologicamente.

Sono tanti e sono ovunque. Ma come riconoscerli? E come salvarsi se si cade nella loro trappola? La risposta a questi interrogativi è il libro ‘Io non ci sto più. Consigli pratici per riconoscere un manipolatore affettivo e liberarsene’ di Roberta Bruzzone (De Agostini Editore, 2018).

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La nota criminologa e psicologa forense, infatti, attingendo alla sua ventennale esperienza ha messo nero su bianco i tratti distintivi del manipolatore, i campanelli d’allarme a cui prestare attenzione e le strategie per neutralizzarlo e liberarsene.

È molto facile imbattersi in un manipolatore affettivo – ha evidenziato la Bruzzone nell’intervista che le ho fatto in occasione del suo intervento a Foggia durante un convegno organizzato dai Lions sul tema della violenza domestica – e questo perché non dobbiamo identificarlo solo con il partner: manipolatore può essere anche un amico, un fratello, il capo o un genitore. E attenzione, perché non stiamo parlando soltanto di uomini: i casi di donne manipolatrici sono molto più diffusi di quanto pensiamo. In nostro aiuto, però, arrivano i comportamenti, le dinamiche messe in campo e le trappole utilizzate che sono sempre uguali. Non c’è differenza fra manipolatori e non c’è differenza di genere. Ecco perché è possibile diventare infallibili nel riconoscerli. E riconoscerli e allontanarli dalla propria sfera emotiva è l’unica strada percorribile per salvarsi davvero. In questo caso, prevenire diventa l’unica cura possibile”.

Ma quali sono i segnali da cogliere per individuare in tempo un manipolatore?

La criminologa è molto chiara a riguardo. La propensione a sopravvalutarsi e a sminuire il prossimo è una delle spie a cui prestare maggiore attenzione: minare l’autostima altrui gli serve per nutrire il suo io spesso fragile e immaturo. Ma attenzione – si legge nel libro – anche se il ‘sospettato’ è estremamente insicuro e riversa sugli altri le responsabilità dei propri errori e fallimenti: è il tipo di manipolatore più opportunista e parassitario perché è alla ricerca di chi lo accudisca sotto tutti i punti di vista.

Manipolatore non si nasce ma si diventa – ha spiegato la criminologa – e spesso lo si diventa perché si è stati esposti a un modello genitoriale disfunzionale. Solitamente un genitore manipolatore tende a produrre due tipologie di figli: un futuro manipolatore o una futura vittima. Un genitore narcisista maligno idealizza se stesso e si aspetta la stessa perfezione dal figlio. Quest’ultimo, se delude le aspettative del genitore, riceverà disapprovazione e si sentirà inadeguato, non amato, non all’altezza. Con il tempo metabolizzerà questo modo di rapportarsi agli altri altamente disfunzionale”.

E così, l’enorme bisogno di successo e approvazione ‘ereditato’ dal contesto familiare porterà a cercare appagamento o nel consenso di un narcisista o nella distruzione dell’autostima altrui.

Sfortunatamente all’inizio è molto difficile riuscire a riconoscere il predatore. Questo accade perché il carnefice, per poter ‘assoggettare’ ha bisogno prima di conquistare.

Il processo di manipolazione – ha spiegato la Bruzzone – avviene gradualmente. L’attacco, che ha lo scopo di demolire progressivamente l’autostima della vittima per indurla a mettersi completamente nelle sue mani, inizia solo quando fra i due si è sviluppato un legame affettivo. E questo tipo di soggetto riesce ad instaurare un rapporto perché si pone in maniera perfetta nella fase iniziale della relazione. Trarci in inganno non è difficile perché noi uomini tendiamo a fidarci degli altri almeno il minimo sindacale”.

Il manipolatore affettivo, infatti, all’inizio si presenta come il partner, l’amico, il capo, il collega perfetto: è pieno di attenzioni, ascolta, condivide con la preda idee e gusti, non è mai in disaccordo con lei. Tutto ciò al solo scopo di far nascere nella vittima un senso di fiducia e protezione che la renderà dipendente e vulnerabile, e che la porterà ad allontanarsi completamente dal proprio contesto affettivo, sociale e familiare.
A quel punto la vittima, completamente assuefatta al narcisista maligno, annienterà se stessa assecondando ogni sua richiesta e credendo fermamente a tutto ciò che il carnefice dice per timore di deluderlo e allontanarlo, per evitare di perdere la sua approvazione, per scongiurare le sue sfuriate.

Dunque, in che modo si può correre ai ripari quando si incappa in un narcisista maligno?

L’ideale, secondo la criminologa, è interrompere ogni tipo di relazione con il carnefice. Anche perché un manipolatore affettivo non cambierà mai. Tuttavia se questa strada non è percorribile (come nel caso dell’ambiente lavorativo) si può attivare una vera e propria distanza sia fisica che emotiva che impedisca gli effetti devastanti del rapporto.
Per uscire dal tunnel è necessario anche cessare di soddisfare tutte le richieste del manipolatore, soprattutto quando cozzano con le proprie idee che, invece, non devono essere sacrificate ma portate avanti: il rispetto per se stessi è, infatti, il punto di partenza e di forza della vita di ognuno.

Insomma, nessuno è al sicuro, ma tutti possiamo imparare ad individuare queste ‘persone tossiche’ e riprenderci vita e libertà. Un libro da leggere.